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Eurovision: siamo contenti per i quarti posti perché alla nostra musica manca autostima

"Col senno di poi" . È la frase tipica che si dice quando ci troviamo di fronte a un risultato inatteso, e a cui avremmo potuto ov...

"Col senno di poi". È la frase tipica che si dice quando ci troviamo di fronte a un risultato inatteso, e a cui avremmo potuto ovviare, "se solo avessimo saputo".

Eppure lo sapevamo. 

Sapevamo che "Due vite" non era il brano giusto perché potesse vincere Eurovision Song Contest. Per una serie di ragioni tecniche che ho più volte elencato sulle pagine di questo stesso blog (in particolare in questo articolo e in quest'altro).

E se da una parte il quarto posto di Marco Mengoni potrebbe renderci felici perché si tratta tecnicamente di un buon risultato, dall'altra parte sarebbe bene se ci rimanesse il dispiacere per una vittoria che - per quanto difficile - il risultato ci ha dimostrato non essere impossibile.

Detto ancora più apertamente: con un brano più eurovisivo, l'impresa poteva riuscire. Peraltro a pochi anni di distanza dai Maneskin.

E so bene che adesso tra le persone è forte l'entusiasmo per questo "bel quarto posto". Non c'è dubbio che in astratto possa essere considerato bello. Ma perché partire sempre dalla prospettiva di andare a Eurovision per "provare a vedere se arriviamo tra i primi dieci" o per vedere "dove arriviamo questa volta"?

 

Abbiamo una tradizione musicale da paura, ma abbiamo paura ad ammetterlo 


Perché non considerare che l'Italia esprime una delle più belle tradizioni musicali europee, e che ogni anno può competere non solo per partecipare, ma espressamente per vincere? Lo pensa di sé la Svezia, lo pensano di sé molte nazioni che arrivano a Eurovision espressamente per arrivare al primo posto. Ma noi non ci riusciamo proprio. E non riusciamo ancora a pensare alla scelta dei pezzi da far gareggiare in un'ottica eurovisiva.

Noi più volte andiamo a Eurovision per "vedere come va", e per dirci che "in fondo non è andata male".

Al contrario, che possiamo ambire in modo più esplicito alla vittoria ce lo stanno facendo capire in tutti i modi le giurie, ce lo sta facendo capire il televoto di mezzo mondo, ce lo fanno capire le classifiche di vendita mondiali de Il Volo, di Mahmood e dei Maneskin

 

Festeggiamo i quarti posti, ma non sappiamo dispiacerci per le vittorie mancate 


Eppure, ogni volta ci stupiamo e ci autocomplimentiamo per i nostri "quarti posti", per i nostri "settimi posti", per i nostri "due anni fa eravamo settimi, adesso siamo quarti", eccetera.

Ecco: una buona consapevolezza delle potenzialità mondiali della nostra musica arriverà quando riusciremo a trasformare la frase con cui commentiamo un quarto posto da "dai, non è andata male" a "peccato, potevamo vincere".

Personalmente voglio cominciare a dirlo già da oggi. Anche perché credo fosse evidente a tutti quelli che già segnalavano che "Due vite" non fosse il pezzo giusto, da mesi: peccato, avremmo potuto vincere.

Patrick Facciolo